In questi giorni si fa un gran parlare su tutti i canali d’informazione, delle aperture/riaperture di attività. La materia è fra le più caotiche che ci possa essere, poiché NON esistono norme univoche per le permissioni e limitazioni . Le disposizioni dei vari Organi Istituzionali a ciò preposti cambiano continuamente e si sovrappongono e , conseguentemente , appare arduo sapere come comportarsi. Infatti le norme ( e le interpretazione delle stesse) cambiano continuamente oltre che per disposizione Governativa anche a seconda della Regione e del Comune. Peraltro le norme cambiano con comunicati sui social o annunci televisivi… poi, ne troviamo pubblicazione nei gg. successivi, sulle pagine Istituzionali Ufficiali (Gazzetta Ufficiale, BURT, ecc.). Per i motivi sopra esposti, è evidente che , nonostante le continue informative , NON è possibile fornire consigli e/o comportamenti pratici cui attenersi tenuto anche conto che la materia riguarda, in massima parte, norme sanitarie fuori dalla ns. competenza professionale. Infatti, in particolare la Regione Toscana sulla base delle disposizioni Governative , ha emanato, in data 18/04/2020 , un’ordinanza maggiormente restrittiva, che obbliga tutte le Aziende del territorio all’elaborazione del proprio protocollo aziendale ed all’invio dello stesso in Regione, entro il 18/05/2020 per le attività aperte, ed entro 30 giorni dalla riapertura per le attività momentaneamente chiuse. Il protocollo ha l’intento di promuovere la sicurezza e la salvaguardia della salute di tutti i lavoratori impegnati, nonostante il virus, a svolgere la propria attività. Le indicazioni contengono procedure di ordine generale, già più volte ribadite all’interno dei D.P.C.M. susseguitesi, sino all’ultimo del 10 aprile 2020, oltre che misure specifiche rivolte esclusivamente al mondo del lavoro. Sono queste ultime di interesse dei datori di lavoro perché svolgono una funzione dove la salute dei lavoratori è sinonimo di responsabilità oggettive e soggettive. Quindi è necessario conoscerle per poterle attuare praticamente al fine di rendere sicuro e salubre il luogo di lavoro. Lavorare e far lavorare garantendo la sicurezza dei lavoratori attraverso la prima grande difficoltà: il distanziamento sociale, che rischia di avere un impatto importante sull’attività stessa. Fra gli obblighi previsti dal protocollo c’è la costituzione del “Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo di regolamentazione”, a cui partecipano, sicuramente il datore di lavoro, come attore principale e i lavoratori che ricoprono incarichi di rilievo funzionali alla gestione del sistema produttivo, oltre che a consulenti esperti nel settore della sicurezza. Per questo è necessario che il datore di lavoro ricorra a competenze specifiche per poter organizzare l’azienda adattandola alle nuove sopraggiunte condizioni senza che ci sia uno sconvolgimento drastico del modo di lavorare. Solo la conoscenza approfondita delle dinamiche lavorative oltre che delle leggi e delle norme, consentirà ai datori di lavoro di poter lavorare garantendo il bene primario di una persona: la sua salute.
Il Protocollo richiede la messa in sicurezza attraverso processi di: • integrazione della valutazione del rischio relativamente alle nuove sopraggiunte condizioni per l’emergenza Covid-19;
• informazione e formazione del personale, per conoscere il virus e quindi adottare i corretti comportamenti nell’ambito del lavoro;
• messa a disposizione dei lavoratori dei dispositivi di protezione individuale anti covid-19, necessità, uso e addestramento alle procedure di utilizzo;
• distanziamento sociale, come applicarlo praticamente nell’ambiente di lavoro per salvaguardare la propria salute e quella delle altre persone;
• verifica della relazione fra il virus e i rischi presenti nella mansione svolta, come possono variare i rischi, cambiando il modo di lavorare;
• introduzione dell’igienizzazione e della sanificazione del luogo di lavoro in modo frequente, l’igiene personale come elemento di difesa dal virus;
• introduzione di nuovi metodi di lavoro, come lo smart working, il telelavoro e quando questi possono essere previsti; • introduzione di nuove mansioni e analisi dei rischi di lavoratori maggiormente sensibili;
• azioni comportamentali sicure di fronte a casi di colleghi e persone sintomatiche;
• gestione dei fornitori esterni all’azienda; • continua applicazione della sorveglianza sanitaria, collaborazione con il medico competente e con il RLS, durante l’emergenza.
Tutte queste operazioni non possono che coinvolgere, oltre al medico competente, il consulente della sicurezza.
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